Dresda 13 febbraio 1945. Verso 21.50 iniziò il bombardamento della città tedesca che fino a quella data era passata quasi indenne dagli attacchi alleati, non essendo considerata un obiettivo sensibile.
L’attacco si sviluppo secondo la tattica di bombardamento ad ondate consecutive e, più precisamente, attraverso una prima serie di bombardamenti notturni effettuati dai velivoli della RAF e quindi una serie di bombardamenti diurni messi in atto dai Boeing B.17 dell’USAAF.
Per le prime due ondate notturne vennero impiegati 796 Avro Lancaster ed alcuni de Havilland Mosquito, che in totale sganciarono sulla città 1.478 tonnellate di bombe esplosive e 1.182 tonnellate di bombe incendiarie. Nei due giorni successivi si susseguirono altri raid condotti dai bombardieri B.17 che martoriarono la città già completamente avvolta dalle fiamme con altre 1.250 tonnellate di bombe esplosive ed incendiarie.
Le fiamme raggiunsero temperature prossime ai 1.500° C che generarono il fenomeno denominato “feuersturm radendo al suolo 15 Km quadrati della città. Dresda bruciò per sette giorni ed il bombardamento causò un numero di vittime ancora oggi imprecisato. Le stime più verosimili indicando il numero di morti tra 22.000 e 25.000.
Da sempre purtroppo le guerre, per raggiungere l’obiettivo di coloro che le hanno iniziate o subite, non vengono combattute esclusivamente tra gli schieramenti che si contrappongono sul campo di battaglia ma hanno una escalation tale per cui i belligeranti utilizzano tutti gli strumenti a loro disposizione per vincere, arrivando a colpire anche obiettivi civili con lo scopo di stroncare lo sforzo bellico avversario e fiaccarne il molare.
Dresda è un nome che immediatamente richiama l’orrore del bombardamento sulle città ma non fu la più terribile, Tokio fu rasa praticamente al suolo con un conteggio di vittime che supera il numero di 100.000 morti, Amburgo visse la stessa sorte di Dresda, Londra venne colpita e Coventry pagò un prezzo altissimo in termini di vite umane e devastazioni.
Ma nessun bombardamento sulle città ebbe mai l’effetto sperato, nessun bombardamento fece cessare le definitivamente le ostilità anche se in certi casi ne anticipò la fine risparmiando ulteriori perdite ai belligeranti.
Nell’Archivio Storico Federighi tra i vari “oggetti” raccolti nel tempo sono conservati due spezzoni incendiari (ovviamente inerti) del tipo B.S.A. (Baby Incendiary Bomb) fabbricati dalla Birmingham Small Arms.
I due spezzoni sono stati rinvenuti tra il numeroso materiale proveniente dalla collezione della famiglia Caproni recentemente acquisita.
Prima di descrivere i due spezzoni in questo articolo mi sono posto il problema etico ed il profilo morale che questo poteva assumere, ma la questione è molto complessa. La risposta che mi sono dato è che ogni appassionato di storia, di aeronautica che ne studi l’evoluzione ha ben chiaro che questo atto, dopo la prima bomba sganciata in Libia proprio da un aereo italiano, ha trasformato l’aeroplano in un’arma.
Quindi la decisione di scrivere questo articolo si basa sul concetto che ogni artefatto storico giunto ai giorni nostri, porta con se tanti significati diversi e la sua conoscenza, lo studio dello stesso, non ha lo scopo di celebrarne la valenza bellica nené tantomeno di demonizzarne l’uso e l’utilizzatore, ma di accrescere la nostra conoscenza.
I due Baby Incendiary Bomb in nostro possesso, comunemente definiti spezzoni, sono di forma prismatica esagonale, composti di una parte zavorrata di magnesio fuso, di una parte centrale contenente il dispositivo di accensione e di un serbatoio di sottile lamiera stagnata contenete il liquido incendiario.
Subito sotto la parte destinata all’ accensione dello spezzone è presente una zavorra di acciaio esagonale che aveva lo scopo di sfondare i tetti degli edifici su cui cadeva cercando di penetrare più in profondità possibile per poter, una volta infiammato il magnesio ed il liquido incendiario, appiccare l’incendio alle suppellettili e a tutto ciò che poteva essere veicolo di combustione.
Gli spezzoni incendiari venivano trasportati impacchettati a gruppi di una ventina, stretti in una fascia e quindi con il piolo di sicurezza in posizione tale da trattenere la massa battente del percussore. Una volta sganciati dal loro alloggio risultavano automaticamente pronti al funzionamento. La zavorra posta ad una estremità imprimeva allo spezzone la necessaria velocità di caduta in modo tale che all’urto contro un bersaglio si otteneva l’accensione della miscela da parte del dispositivo con percussore. Prendeva fuoco la miscela contenuta nel tubo refrattario, poi il magnesio la cui combustione produceva elevate temperature, ed infine il liquido incendiario (comunemente nafta) che permetteva al fuoco di propagarsi.
Risulta chiaro che questo tipo di ordigni aveva effetti devastanti quando, come a Dresda, gli obiettivi scelti erano composti da case in prevalenza in legno e molto ravvicinate tra loro.
Gli spezzoni arrivati in archivio sono stati utilizzati contro obiettivi italiani e non essendo completamente bruciati dimostrano che non sono caduti in un ambiente adatto al loro scopo.
L’inefficienza delle bombe incendiarie nel teatro italiano durante la Seconda guerra mondiale è una cosa abbastanza nota, visto che le città italiane erano costruite in prevalentemente in mattoni e pietre rispetto alla comune architettura nordica che vedeva una prevalenza di edifici in legno, specialmente nei centri storici, o come Tokio dove comunemente la case erano realizzate con un massiccio utilizzo di carta.
Andando su internet e provando a cercare ad esempio la voce “esagoni in borsa” troverete delle foto della piazza della borsa di Milano dove, impresso nel marciapiede, sono arrivate ai giorni nostri le impronte degli esagoni zavorra degli spezzoni a dimostrazione della potenza di sfondamento questi ordigni avevano una volta sganciati dall’aereo.
Gli stessi esagoni dovrebbero ancora essere osservabili a Milano tra via Dante, piazza San Babila e corso Monforte impressi nei vecchi marciapiedi di granito o di marmo. Coincidenza vuole che queste zone siano tutti limitrofe a Palazzo Durini, residenza della famiglia Caproni dal 1925.
Che i nostri spezzoni provengano proprio da un bombardamento di Milano?
Per qualche approfondimento:
Wikiwand.com/en/incendiari devico
www.bocn.co.uk/ubforum/threads/3929/british incendiary